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Chiopris |
Il Comune di Chiopris-Viscone (in lingua friulana Cjopris e Viscon) si estende per poco più di 9 kmq. al centro della pianura posta tra i torrenti Corno e Torre ed il fiume Judrio. La zona, trovandosi nell'agro acquileiese, era sicuramente abitata e coltivata in epoca romana, come testimoniano recenti rinvenimenti archeologici in località "Muris", nei pressi di Viscone, dove sorgevano con ogni probabilità una delle tante ville rustiche seguite alla centuriazione e distribuzione delle terre ai coloni romani.
La prima attestazione storica del nome Chiopris risale all'anno 1230; il toponimo parrebbe derivare da un personale germanico"Teuprecht" o "Teopricht" e, probabilmente, il primo insediamento è di epoca longobarda; la chiesa parrocchiale, infatti, che è dedicata a San Michele Arcangelo, figura di santo cara a quel popolo di guerrieri, ed alcuni toponimi depongono a favore di questa ipotesi. Del periodo medievale sappiamo dal "Tesaurus Ecclesiae Aquilejensis" che il conte d'Arcano, appartenente ad una delle più illustri casate friulane ma d'origine bavarese, ricevette in feudo dal Patriarca d'Aquileia un manso (o maso), cioé 25 campi, nella Villa di "Teupris" ovvero Chiopris. Attorno alla chiesa, che pare risalire a prima del Trecento, si sarebbe raccolto il primo nucleo della popolazione e propriamente nella "Zenta", cioé il borgo fortificato (abbattuto purtroppo nel 1968). Nel 1352, quando Patriarca di Aquileia era il famoso Bertrand da Saint Genies, in lotta mortale contro i feudatari friulani ribelli, il borgo fu saccheggiato dalle milizie patriarcali e non gli toccò miglior sorte nel 1471 quando venne messo a ferro e fuoco dalle orde dei turchi, in auna delle loro prime scorrerie oltre l'Isonzo. Chiopris ebbe una parte importante nella "Guerra di Gradisca", giacché attorno alla "Zenta" il generale arciducale Marades condusse un'aspra quanto vana battaglia contro le cernide friulane (una sorta di Schützen locali) che la difendevano; in questo frangente si narra che gli assediati, lungi dall'arrendersi, sfidarono il generale dicendo:"...siccome siamo capaci di bere quanto e più di voi, così siamo anche capaci di suonarvele...". Evidentemente, visto che a desistere fu il generale, doveva trattarsi di gente che sapeva bere bene; del resto, la gente del posto doveva essere un po' cocciuta se è vero quanto ebbe a scrivere non molti anni più tardi l'allora pievano Gabrôviz: riferendosi al carattere dei suoi parrocchiani li appellava come "durae cervicis!". Terra di confine in tutti i sensi, il Comune di Chiopris Viscone, così come altri della zona, ebbe a vivere alterne vicende; Chiopris appartenne quasi ininterrottamente ai Conti di Gorizia prima ed alla casa d'Austria poi; Viscone invece fu trattato come merce di scambio dai vari "padroni" di turno, ora veneziano ora arciducale. Il continuo mutare della linea di confine portò all'affermarsi di un'intensa attività di contrabbando che permetteva alle popolazioni locali di integrare le magre risorse di un'agricoltura di sussistenza. Laperfetta conoscenza del territorio e le astuzie dei "contadini contrabbandieri" erano tali che perfino il grande Napoleone Bonaparte viricorse, con ben altri fini. Dimenticato il Corso, le due "ville" di Chiopris e Viscone vennero unificate in un'unica entità comunale nel 1815, con il Congresso di Vienna. Il Comune fu territorio asburgico fino al 1918; fece parte della Provincia di Gorizia fino al 1923 mentre ora appartiene alla Provincia di Udine. L'economia prettamente rurale di un tempo si è notevolmente trasformata: gli addetti in agricoltura sono ormai una netta minoranza; molti tra gli abitanti trovano occupazione nelle numerose aziende artigiane, industriali e di servizi del "Distretto della Sedia" di cui il Comune fa parte. Ciò nonostante, la campagna è intensamente coltivata e dove sino a tempi relativamente recenti vi erano prati e boschi di querce ora prosperano ordinati vigneti e frutteti. I terreni ghiaioso-argillosi di origine alluvionale sono ideali per la coltivazione della vite e conferiscono profumo ai vini bianchi e corpo a quelli rossi. Da ricordare che, qua e là, sopravvivono ancora delle vecchissime piante di varietà d'uve autoctone meritevoli di essere salvate dall'oblio, non tanto per le caratteristiche organolettiche del prodotto quanto per una questione di diversità genetica e di ricchezza culturale, alla pari delle antiche varietà di frutta che resistono negli orti familiari. Inoltre una ristretta fascia di terreni limoso-sabbiosi, prossima al torrente Torre a valle di Viscone, consente la produzione di ottimi asparagi la cui bontà ha avuto numerosi riconoscimenti nelle rassegne del settore.
I due paesi hanno conservato il loro carattere rurale e,
anche se qualche scorcio
è deturpato dall'opera dei "novatori edilizi", all'occhio del visitatore
si offrono interessanti esempi di architettura spontanea tipica della pianura
friulana, con i portali sul fronte strada e le case a corte. Alla stessa mano pare appartenere la pala d'altare con i
Ss. Nicola e Antonio abate; piacevole e interessante, anche per qualche
particolarità iconografica, la pala del Rosario, con i quindici Misteri
dipinti a far da corona alla Vergine tra nubi adorata da S. Chiara e da
S. Domenico. A mano modesta appartiene il dipinto con i Santi
Francesco, Lorenzo, Bellino (secolo XVIII). Gli affreschi sono
di Giulio Justulin, 1911. Infine due quadretti tipo ex voto dell'udinese Valentino Marani, pittore e restauratore, raffiguranti S. Francesco Saverio e S. Nothburga di Eben, dipinto quest'ultimo dall'iconografia inconsueta. La leggenda dice che la Santa, cuoca di un nobile, donava ai poveri quanto avanzava dalla mensa dei signori. Si mise al servizio di un contadino con l'accordo di lasciare il lavoro servile al sabato all'ora dei vespri. Una vigilia, in tempo di mietitura, il contadino insisteva perché Noihburga continuasse il lavoro, ma la Santa invocato Dio come arbitro, gettò in aria la falce che rimase sospesa confondendo così il contadino. A Viscone la Chiesa di S. Zenone, che deve la sua attuale struttura alla risistemazione del 1861-65, ha un altare maggiore dello scultore gradiscano G. B. Novelli (1879-1965), con la statua di S. Giovanni Nepomuceno del 1765 e di S. Zenone del 1890-91. Nel soffitto dell'abside, decorazione (Dottori della Chiesa) di Giulio Justulin di Cavenzano (inizio XX secolo); nel soffitto della navata, bell'affresco di Lorenzo Bianchini (1870 circa), raffigurante la Madonna Immacolata adorata dai Santi Antonio abate, Zenone, Giovanni Battista e Giovanni Nepomuceno; Eterno Padre e angeli chiudono la composizione.
La zone offre piacevoli opportunità di svago per gli amanti
della vita all'aria aperta; la zona boscosa che fa da corona al torrente
Corno ed al fiume Judrio è l'ideale per le passeggiate a cavallo.
L'economia prettamente rurale di un tempo si è notevolmente
trasformata: gli
addetti
in agricoltura sono ormai una netta minoranza; molti tra gli abitanti trovano
occupazione nelle numerose aziende artigiane, industriali e di servizi del "Distretto
della Sedia" di cui il Comune fa parte. Ciò nonostante, la campagna è
intensamente coltivata e dove sino a tempi relativamente recenti vi erano prati
e boschi di querce ora prosperano ordinati vigneti e frutteti. |